Cancro al seno, in Friuli più ci si ammala di più rispetto alla media nazionale

Ma grazie alla ricerca scientifica si stanno ottenendo risultati importanti nell’individuazione di strumenti diagnostici e terapeutici più precisi ed efficaci. A Pordenone convegno nazionale

In Friuli-Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, il tumore del seno è la neoplasia più frequente nel sesso femminile. Nella regione nord-orientale, però, l’incidenza è superiore rispetto alla media nazionale e nel 2019 le donne colpite sono state in totale 1.450 con 300 decessi. L’89% delle pazienti riesce comunque a sconfiggere la malattia, soprattutto se viene individuata nelle fasi iniziali. Della situazione in Friuli-Venezia Giulia e delle ultime novità nella cura del tumore alla mammella si discute durante il convegno nazionale Focus sul Carcinoma Mammario che si apre oggi a Pordenone: per due giorni la città friulana ospita oltre 300 tra i più importanti specialisti provenienti da tutta Italia.

L’impegno della Regione

“Il carcinoma mammario è la neoplasia in assoluto più frequente nel nostro Paese e interessa in totale 800mila donne – afferma Fabio Puglisi, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica presso il Centro di riferimento Oncologico di Aviano e Responsabile Scientifico del Convegno di Pordenone -. Nella nostra Regione riusciamo a garantire un ottimo livello d’assistenza, nonché un accesso capillare ai trattamenti innovativi. È recente, inoltre, l’approvazione della Delibera della Giunta Regionale sulla Rete Oncologica del Friuli-Venezia Giulia. Siamo agli albori di un nuovo assetto organizzativo indispensabile per garantire un proficuo confronto tra i professionisti coinvolti nei percorsi di diagnosi e cura della patologia oncologica. Fra gli altri obiettivi, vi è l’intenzione di adottare programmi di ricerca condivisi e inseriti nel contesto dei
bisogni clinici propri del territorio”. Il convegno è anche l’occasione per lanciare un appello a tutte le donne friulane: “È assolutamente necessario aderire ai programmi di screening e sottoporsi alla mammografia – sottolinea Chiara Zuiani, Direttore dell’istituto di Radiologia dell’Università di Udine e Past-President della sezione di Senologia della Società Italiana Radiologia Medica (SIRM) -. Attualmente poco più del 54% delle italiane si sottopone regolarmente a questo esame e in Friuli-Venezia Giulia la percentuale sale al 70%. Grazie a questi controlli è possibile ridurre fino al 30% il tasso di mortalità della neoplasia”.

La biopsia liquida

La sessione pomeridiana inaugurale del convegno di Pordenone è dedicata alle grandi opportunità offerte dalla così detta biopsia liquida. “Attraverso un semplice esame del sangue possiamo individuare le cellule tumorali e il DNA tumorale circolanti – prosegue Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Senologia e Toraco-Polmonare dell’Istituto Tumori di Napoli -. Sono informazioni indispensabili che ci permettono di capire quali potranno essere i mutamenti biologici del cancro. Con le biopsie tradizionali, svolte sui tessuti, abbiamo solo una semplice fotografia momentanea dello stato della malattia. Ora invece si definiscono in modo più preciso i target terapeutici ed è possibile prevedere un utilizzo più accurato e personalizzato dei trattamenti disponibili. Il monitoraggio dell’evoluzione della malattia ha come obiettivo anche la diagnosi precoce di un’eventuale recidiva”.

Le nuove terapie mediche

“La ricerca si sta concentrando soprattutto nella cura degli stadi precoci del carcinoma mammario – sottolinea Lucia Del Mastro, Coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e relatrice al convegno friulano -. Le terapie tendono ad essere sempre più spesso neo-adiuvanti e quindi somministrate nella fase preoperatoria per ottenere un trattamento chirurgico conservativo e meno invasivo. L’obiettivo è risparmiare l’asportazione dei linfonodi dell’ascella e ridurre comorbilità e complicanze, prima fra tutte il linfedema del braccio”. Soprattutto due le tipologie di cure dove di recente abbiamo assistito alle principali innovazioni – va avanti l’esperta -. La prima riguarda i carcinomi HER2-positivi per i quali è disponibile il farmaco immunoconiugato TDM-1, utilizzato quando la chemioterapia, combinata con farmaci anti-HER2 tradizionali, non è in grado di eradicare totalmente la malattia presente a livello mammario o linfonodale. La seconda riguarda invece i tumori triplo negativi che attualmente presentano le prognosi peggiori. La novità è rappresentata dall’immunoterapia che sta dando dei risultati interessanti proprio in questo sottogruppo di casi particolarmente aggressivi. Sono allo studio nuovi trattamenti in grado di riattivare il nostro sistema immunitario contro il tumore. I farmaci immunoterapici combinati con la chemioterapia sembrano aumentare la probabilità di ottenere la remissione completa della malattia.