Tumore del seno: in Friuli Venezia Giulia ogni anno oltre 1.400 nuovi casi

ROMA, 18 FEB – L’assistenza alle pazienti con carcinoma mammario in Friuli-Venezia Giulia è stata garantita, negli ultimi 12 mesi, nonostante la pandemia Covid-19. In Regione sono attive quattro Breast Unit che operano attraverso una gestione multidisciplinare della patologia. L’adozione di specifici PTDA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali), integrando le attività cliniche plurispecialistiche, ha consentito di evitare significative interruzioni sia in ambito diagnostico che terapeutico per le oltre 16mila donne che, nella Regione, vivono con una diagnosi di cancro al seno. È quanto è emerso oggi durante la giornata di apertura del convegno nazionale Focus sul Carcinoma Mammario. L’evento è diventato un appuntamento fisso, riunendo in terra friulana i maggiori esperti nazionali ed internazionali sulla malattia.
L’edizione 2021 si svolge interamente in modalità virtuale e vede una platea di oltre 500 partecipanti da tutta la Penisola. “Attualmente, in Italia, il carcinoma mammario risulta essere la patologia oncologica più frequente e solo nella nostra Regione abbiamo avuto oltre 1.400 nuovi casi – afferma Fabio Puglisi, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica presso l’IRCCS CRO di Aviano e Responsabile Scientifico del Convegno-. Sono dati in costante aumento con evidenti implicazioni per l’intero sistema sanitario nazionale che quest’anno ha dovuto confrontarsi con le molte emergenze indotte dalla diffusione del Coronavirus. Come gruppo di lavoro del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano ci siamo subito resi conto che la pandemia avrebbe potuto causare delle “distrazioni” rispetto alle priorità dei pazienti oncologici che andavano invece salvaguardate al fine di garantire le giuste tempistiche per indagini diagnostiche e trattamenti. Questo approccio è stato accolto dalla Regione e, fin dallo scorso marzo, i centri oncologici sono stati preservati e gestiti come strutture Covid-free. In tal modo, non si sono verificate interruzioni nei percorsi essenziali di diagnosi e cura. Soltanto durante la fase iniziale della prima ondata abbiamo dovuto posticipare, di un paio di mesi, le visite di follow up, unicamente in pazienti a basso rischio e solo dopo verifica da remoto del loro stato di salute”.